da Eschilo, Sofocle ed Euripide
laboratorio intensivo e residenziale condotto da Marco Sgrosso
percorsi per la costruzione del personaggio ed esercizi di scrittura scenica
attraverso le opere dei Tragici Greci: il ciclo di Tebe e il ciclo di Micene
dal 31 agosto al 4 settembre 2024
Per questo quarto percorso di studio pensato per il Centro Teatrale
Umbro e incentrato sulla costruzione del personaggio e sulla pratica
della scrittura scenica creativa, ho immaginato un ritorno alle origini.
Ho
sempre sentito un’adesione viscerale per la Tragedia Greca, mi sembra
che sia una delle forme teatrali al tempo stesso più essenziali e
profonde di tutti i tempi.
Eschilo, Sofocle ed Euripide ci hanno
lasciato parole tra le più belle che siano mai state scritte: parole che
raccontano sentimenti, concetti e visioni di una potenza così limpida
da durare intatta attraverso i secoli. Parole di pietra e di poesia,
lontane dalla povertà espressiva di tanto corrente linguaggio
quotidiano; parole difficili ma anche molto dirette, concrete e
importanti, delle quali è necessario preservare la verità e la pulizia,
sfuggendo al facile rischio dell’enfasi. Sono parole che raccontano la
vita degli esseri umani nella sua complessità: politica, guerra, etica,
religione, passioni, riti. Parole in cui i conflitti tra sposi e spose,
tra madri e figlie, tra padri e figli, tra uomini e dei si fondono in
una mirabile sintesi e alludono ad uno spessore del sentimento privo di
pallori e di mezze tinte.
In un tempo afflitto dalla crisi di valori
‘forti’, il teatro reagisce facendosi specchio del mondo, riflesso del
futuro e sfera magica del passato: così esso può aiutarci a ritrovare il
senso di appartenenza all’idea di una comunità allargata e a riscoprire
il sapore di tanti riti collettivi che abbiamo perduto, dalle danze
alle veglie funebri, dalle assemblee in piazza alla celebrazione del
passaggio delle stagioni fino a quella forma di canto in coro che ha
permesso ai nostri avi di indagare i misteri della morte e della vita.
Tornare
alle parole dei tragici greci significa immaginare di abitare il
proprio corpo con il senso del ritmo e della danza, farne strumento di
lucida consapevolezza attraverso la condivisione della sofferenza e
della paura. “Soffrire per comprendere”, scrive Sofocle, e la semplicità
profonda di questo concetto ci consente di accettare il dolore come
strumento di crescita e di libertà.
Nella sua nudità netta e priva
di fronzoli, la tragedia greca ci riporta alla magia dell’arte
dell’attore, che richiede pochi artifici e una concreta dedizione,
esplora l’antico per riconoscere il giusto senso del futuro e riapre la
riflessione sul concetto di un’etica da costruire insieme.
La fiamma
che conserviamo è piccola e non abbiamo più che una memoria labile del
fuoco: attraverso le parole dei Tragici Greci torniamo ad interrogarci
sul senso più profondo e necessario della nostra esistenza.
Il
lavoro di quest’anno – basato come di consueto sull’esplorazione delle
possibili metamorfosi di corpo e voce in relazione allo stimolo delle
emozioni e alla dinamica delle relazioni – si propone di stimolare
l’apporto creativo individuale all’interno di un lavoro corale
collettivo e si baserà sulla conoscenza di alcuni testi di riferimento,
dedicati ai due grandi cicli della Tragedia Greca di Micene (Oreste) e
di Tebe (Edipo).
Ai partecipanti è richiesta la scelta di un monologo o di un dialogo da una delle seguenti tragedie greche:
- Eschilo: Agamennone – Coefore – Eumenidi – Sette a Tebe
- Sofocle: Elettra – Antigone – Edipo Re – Edipo a Colono
- Euripide: Ifigenia in Aulide – Troiane – Elettra – Oreste – Elena – Fenicie
È consigliata la lettura delle opere suddette.