a partire dal libro "Non tornerò col dubbio e con il vuoto", a cura dell'associazione Medici Senza Frontiere
uno spettacolo di e con Marco Alotto, Gianni Bissaca, Marco Sgrosso
e con la partecipazione di Elena Bucci
produzione Itaca Teatro - Le belle bandiere
18 dicembre 2009, Teatro Astra, Torino
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C'è un libro che raccoglie lettere spedite da tutti i luoghi di emergenza del mondo, Italia compresa.
Le scrivono medici, infermieri, tecnici, amministratori, logisti, le
scrivono da tende, baracche, capanne. Raccontano un'esperienza umana e
professionale fatta di grandi visioni e di dettagli drammatici: a volte
con allegria, a volte con una disperazione che lascia senza fiato chi
legge, sempre con grande semplicità e sincerità. Sono i Medici Senza
Frontiere, un gruppo di uomini e donne che per tre, quattro, sei mesi
l'anno esercitano la loro professione nei luoghi più sfortunati e più
bisognosi del mondo.
MSF nasce a Parigi nel 1971 ed è stata premiata con il Nobel nel 1999.
Attualmente conta più di 2.200 volontari internazionali e 25.000
operatori locali, con una presenza in 65 paesi del mondo. In un anno
cura più di 10 milioni di persone, effettua 75.000 interventi
chirurgici, assiste 12.000 donne vittime di violenza sessuale, aiuta a
nascere più di 90.000 bambini, vaccina un milione di persone contro il
morbillo e la febbre gialla. MSF è finanziata esclusivamente attraverso
donazioni private.
Cosa spinge quelle persone a fare una scelta tanto impegnativa e rischiosa?
La voglia di aiutare gli altri, la fede, la scelta di non adattarsi agli
schemi del mercato, il desiderio di avventura, il senso di vicinanza
verso ogni essere umano che si trovi in forte difficoltà, chiunque sia,
dovunque sia, al di fuori di ogni schieramento? O forse ritrovare il
senso della necessità della propria professione?
Perché uno parte? Perché si caccia in un guaio? E chi sono quelli che
partono? Sono eroi? Sono disadattati? Un po' l'uno e un po' l'altro? O
sono persone normali, soltanto più in cerca di altri?
Alle situazioni estreme delle vittime, quasi sempre incolpevoli di
guerre e violenze ereditate come destini ineluttabili, si mescolano le
storie private di chi ha scelto di tentare un passo più deciso verso la
condivisione del dolore, verso la com-passione, verso la rinuncia alla
comoda cecità del non so - non vedo - non sento cui sembrano volerci
abituare gli automatismi di una società sempre più violentemente fondata
sulla ricerca di un benessere che non corrisponde alla felicità.
È un mondo diviso in due: una parte sazia, bulimica, dotata di mezzi più
veloci di quanto non riesca a sopportare, e una parte che ha bisogno di
tutto.
Nell'intento di avvicinare noi e il pubblico ad un mondo emotivo che
conosciamo soltanto attraverso scritti e documenti, lo spettacolo prende
le mosse da un luogo sperimentato e temuto del nostro Occidente: una
fredda camera operatoria che si apre ad evocare altre dimensioni,
attraverso una partitura che intreccia voci, suoni ed immagini colti
dalle testimonianze, dalle nostre riflessioni e osservazioni.
Abbiamo cercato di raccontare questi Mondi capovolti della cui tragica condizione ci sentiamo complici spesso impotenti.