seminario reisdenziale condotto da Marco Sgrosso

«Mamma, dammi il sole...» (da “Spettri” di Henrik Ibsen)
___
«C’è sempre qualcosa che ritorna e che scompare a cui non saprei dare un nome. 
Questo
 stesso enigma, però, mi spinge fino in fondo alle cose, attraverso un 
teatro invisibile la cui natura non è indifferente.» (Antonio Neiwiller)
Il
 teatro non è una scienza esatta. Non credo alla validità di un metodo 
universale che funzioni indipendentemente dalla personalità degli 
individui che scelgono di tentare un’esperienza creativa. Esistono però 
percorsi di base che possono favorire la ricerca e la scoperta delle 
proprie peculiarità espressive. Il lavoro che proporrò in questo 
percorso cercherà appunto di stimolare la consapevolezza creativa di 
ogni allievo-attore. 
Per questa ricerca sulla costruzione del 
personaggio, ho scelto un autore che amo molto per la profondità e 
l’elegante cupezza che traspare dalle sue opere, accompagnata al tempo 
stesso da una sferzante ironia anche nelle situazioni più drammatiche e 
disperate. Con estro sublime, Ibsen descrive il tormento ingabbiato di 
anime prigioniere delle proprie ossessioni che anelano ad una 
liberazione impossibile, braccate come sono dagli ‘spettri’ di un 
passato che grava sul presente con il peso - quasi biblico o comunque 
inesorabile - di colpe, errori e menzogne che si tramandano di 
generazione in generazione, determinando gli eventi del futuro e il 
diritto alla felicità, come nell’antica tragedia greca. Ma questo carico
 drammatico, a tratti persino tragico, è attraversato da squarci di 
livida comicità, dovuta al tratto spietato con cui l’autore tratteggia 
la vulnerabilità e la pochezza dei suoi personaggi, uomini e donne in 
conflitto perenne tra drammi familiari e intrighi civili. 
Nell’algido
 universo ibseniano, immerso nel biancore latteo della gelida luce del 
Nord e attraversato dalle ombre fitte di interni bui e austeri, trovano 
nitida voce e ampio spazio le pulsioni più moderne dello spirito e della
 società del suo tempo: il progresso scientifico, la rivoluzione 
industriale, l’ascesa della nuova borghesia rampante, i contrasti 
politici, e soprattutto l’affermazione dell’indipendenza e della presa 
di coscienza della donna. 
Se le creature meravigliosamente 
fluttuanti partorite dal genio poetico di Cechov rimandano la vita 
futura continuando a crogiolarsi nella nostalgia e nel rimpianto del 
passato, le più severe figure ibseniane dure, angolose, prive di 
autentica tenerezza, talvolta persino violente, sono sempre proiettate 
verso la conquista di mete future, per quanto schiacciate da catene che 
impediscono loro di librarsi in volo, come cicogne azzoppate, divise tra
 l’entusiasmo dello slancio e la stanchezza della vita già vissuta. Se 
le prime si spengono in una pigra lentezza avara di furenti passioni, le
 altre si ostinano ad ardere nelle braci gelide di ribellioni rovinose: 
pulsioni opposte e diversissime che tuttavia ci riguardano ancora da 
vicino. Tempi, dinamiche e condizioni cambiano, ma i meccanismi tesi 
alla conquista della felicità e della pacificazione interiore o 
all’affermazione di un’etica dell’esistenza continuano nella ricerca di 
impossibili soluzioni definitive.
La ricchezza di implicazioni 
psicologiche dei personaggi ibseniani, in bilico tra naturalismo e 
simbolismo, credo possa consentire un ricco creativo nelle capacità di 
metamorfosi individuali attraverso lo studio delle possibilità di 
trasformazione del corpo, della voce e delle emozioni dell’attore, 
dell'indagine dei suoi lati oscuri come di quelli luminosi. 
Il 
lavoro di analisi e costruzione del personaggio partirà da alcuni testi 
di riferimento, che saranno scelti una volta formato il gruppo di 
lavoro, e potranno poi essere adattati e rielaborati verso una 
“scrittura scenica” originale, forte dell’apporto individuale di ognuno 
dei partecipanti. 
È comunque condizione auspicabile per partecipare 
in modo più attivo al laboratorio la lettura attenta delle seguenti 
opere di Henrik Ibsen: 
Spettri / Casa di bambola / Rosmersholm / Hedda Gabler / John Gabriel Borkmann