da Euripide a Seneca, da Apollonio Rodio a Franz Grillparzer e Jean Anouilh
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia Elena Bucci
con la collaborazione di Marco Sgrosso
interpreti Elena Bucci, Marco Sgrosso, Nicoletta Fabbri, Francesca Pica, Valerio Pietrovita
disegno
luci Loredana Oddone, rielaborazione site specific Max Mugnai -
drammaturgia sonora e cura del suono Raffaele Bassetti - assistenza alle
prove Giulia Torelli - costumi Elena Bucci e Marta Benini - maschere
Stefano Perocco di Meduna - grazie a Sandra Giuseppini per l'aiuto ai
costumi - produzione Le belle bandiere, realizzata con il sostegno di
Centro Teatrale Bresciano, Regione Emilia-Romagna e Comune di Russi
debutto: 5 aprile 2016 - Teatro Santa Chiara, Brescia
debutto nuova edizione: 18 e 19 agosto 2023 - Teatro Antico, Segesta (TP)
___
«Passato, e per sempre, è il tempo della notte, di incanti e
sortilegi. Tutto ora accade al limpido raggio della luce, il bene, il
male, ed è giusto... Sei stata tu, sono stato io? Non so, è successo...»
(Franz Grillparzer)
Entrare nel mito significa anche evocare l’armonia di una lingua perduta
cantata e danzata e i riti del ritrovarsi a ridere e a piangere in
luoghi dove l’incanto della natura amplificava quello dell’arte.
Indaghiamo le molte versioni di una stessa storia e le ragioni diverse
dei personaggi, sospendiamo il giudizio per cercare il ritmo che
commuove e guida verso una possibile saggezza. Medea è una strega
straniera capace, pur di ottenere l’uomo che ama, di sacrificare il
fratello, indurre con l’inganno figlie innocenti a uccidere i padri,
colpire i suoi stessi figli? Una vittima del potere resa folle
dall’ingiuria dell’abbandono? Giasone è un traditore, un egoista, un
abile stratega che calcola i vantaggi di un matrimonio importante con la
figlia del re? La vicenda della madre assassina e dell’eroe greco
indegno di gloria continua a spaventarci dopo millenni mentre le parole
di Euripide e le successive riscritture del mito introducono temi che ci
toccano profondamente: i diritti degli esuli in terra straniera, la
violenza del potere nella polis e tra gli individui, la differenza tra
amore e possesso, il valore della parola data, il sospetto verso le arti
magiche e il timore della conoscenza. Restano sullo sfondo le figure
senza futuro dei figli, vittime e testimoni della vendetta di Medea e
del dolore di Giasone. Per toccare questa incandescente materia
indossiamo maschere contemporanee che mescolano i tratti della
tradizione italiana con quelli di antiche culture. Il candido coro evoca
clown bianchi che preparano riti di matrimonio e morte. Il mito diventa
una ballata popolare che narra dell’amore che si trasforma in morte:
passa di bocca in bocca e varia nel tempo i ritmi e i passi della danza
fino a risuonare nei nostri giornali, nelle comunità disorientate dalla
perdita dei riti, nelle città dove si mescolano le etnie, i modi di
vivere e di credere. Come accade nel caso di alcune antiche melodie che
si ritrovano in tutto il mondo, rinnova la memoria del patrimonio
ereditato da chi ha vissuto prima di noi perché torni ad essere suono
vivo, coscienza, catarsi che trasforma il dolore in sapienza. È un
mistero dal quale traiamo un respiro profondo che ci unisce.