ideazione e realizzazione Marco Sgrosso
Il
teatro non è una scienza esatta. Alcune formule funzionano come la
matematica ma può anche accadere, misteriosamente e meravigliosamente,
che due più due dia tre e non quattro. Altrove sarebbe un problema, in
teatro questo inatteso disequilibrio può generare fiori rari. Non credo
perciò a un metodo di insegnamento ‘universale’: la ricchezza creativa
di un attore si fonda sulla messa a fuoco delle sue capacità e della sua
individualità specifica, la formazione avviene attraverso un percorso
progressivo di scoperta e di sapienza, attraverso una magica
rielaborazione continua degli stimoli raccolti durante gli incontri e
l’evolversi delle emozioni, che alla fine porta all’autoconsapevolezza
e, nel migliore dei casi, ad una scelta di stile. Il lavoro che proporrò
in questo percorso verso la costruzione del personaggio cercherà
quindi, come sempre cerco di fare, di stimolare l’apporto individuale di
ogni allievo-attore. Per questa avventura con coloro che vorranno
viaggiare insieme a me alla ricerca di una metodologia per affrontare la
costruzione del personaggio ho scelto tre autori che amo molto per
ragioni diverse e che sono accomunati dall’appartenenza ad un’epoca
storica in cui lo sguardo ha avuto un risalto particolare, anche grazie
agli studi rivoluzionari della nuova scienza dell’anima, indagata da
Sigmund Freud e da molti altri suoi colleghi/discepoli/rivali, assieme e
dopo di lui. Sempre in mirabile equilibrio tra profondità e leggerezza,
Anton Cechov ci offre ritratti di anime appartenenti ai più diversi
ceti sociali. Con diverso estro sublime, Henrik Ibsen descrive il
tormento di anime ingabbiate nelle proprie ossessioni.
Più aspro e tagliente, tormentato e feroce, perennemente insaziato come le sue creature, August Strindberg ci accoglie in un universo sempre sull’orlo dell’abisso esistenziale. Accomunati tutti dall’incapacità di definire con serenità un bilancio limpido tra rimpianti, nostalgie, rimorsi, speranze, aspirazioni e ribellioni – e in questo così vicini a ciò che noi per primi siamo incapaci di capire Accomunati tutti dall’incapacità di definire con serenità un bilancio limpido tra rimpianti, nostalgie, rimorsi, speranze, aspirazioni e ribellioni – e in questo così vicini a ciò che noi per primi siamo incapaci di capire. Il lavoro partirà da alcuni testi di riferimento per giungere ad una “scrittura scenica” originale, forte dell’apporto individuale di ognuno dei partecipanti.
Più aspro e tagliente, tormentato e feroce, perennemente insaziato come le sue creature, August Strindberg ci accoglie in un universo sempre sull’orlo dell’abisso esistenziale. Accomunati tutti dall’incapacità di definire con serenità un bilancio limpido tra rimpianti, nostalgie, rimorsi, speranze, aspirazioni e ribellioni – e in questo così vicini a ciò che noi per primi siamo incapaci di capire Accomunati tutti dall’incapacità di definire con serenità un bilancio limpido tra rimpianti, nostalgie, rimorsi, speranze, aspirazioni e ribellioni – e in questo così vicini a ciò che noi per primi siamo incapaci di capire. Il lavoro partirà da alcuni testi di riferimento per giungere ad una “scrittura scenica” originale, forte dell’apporto individuale di ognuno dei partecipanti.
È condizione auspicabile per partecipare nel modo migliore al laboratorio la lettura di almeno tre delle seguenti opere:
Anton Cechov: Il gabbiano - Tre sorelle - Zio Vanja - Il giardino dei ciliegi
Henrik Ibsen: Spettri - Casa di bambola - Rosmersholm - Hedda Gabler - J.G. Borkmann
August Strindberg: Il pellicano - Il padre - Creditori - La signorina Giulia - Danza macabra